Il libro d’esordio di una giovane scrittrice slovacca di lingua italiana Dal Diario di una piccola comunista
di Paola Pastacaldi
Michaela Sebokova. Non serve dire che è dell’Est. Slovacca per la precisione di Nove Zamky. Non serve dirlo oggi, né tantomeno in una regione come il Veneto. Qui, il paese delle badanti, dove di donne dell’Est non c’è che l’imbarazzo della scelta. Michaela Sebokova che è del 1975 ed è in Italia dal 2001, dove lavora e vive attualmente sui Colli Euganei, è una scrittrice. E scrive in italiano: da cronista racconta, senza tanti veli, le storie delle donne che vengono dall’Est. Racconta senza paura cose belle e meno belle, mette insieme i variegati pezzi che compongono il duro processo di inserimento in un paese dell’Europa per chi l’Europa l’ha vissuta in un ghetto come altri allora, la Slovacchia. Michaela Sebokova, come molte altre donne provenienti dall’Est che stanno costruendo una loro identità italiana a fatica, a morsi di dolore e insieme guidate da una sorta di innamoramento per il nostro Paese, ha raggiunto uno status che le permette di dirsi italiana e non solo sulla carta. Fa la customer service per i clienti esteri di una grande azienda (dato che parla slovacco, ceco e ungherese) e ha pienamente realizzato il sogno di ragazzina di imparare l’italiano – aveva solo 16 anni quando è stata a Rimini la prima volta –. Michaela ha imparato ad esprimersi in un italiano chiaro e scintillante per la capacità di commuovere e di raccontare le sue storie, quelle delle persone come lei hanno dovuto far collimare due identità, due mondi spesso lontanissimi, senza soccombere. Il suo racconto “Il profumo della Domenica” è stato selezionato nel 2012 per il Premio Speciale Slow Food all’interno del Concorso Letterario Nazionale Lingua Madre, ideato da Daniela Finocchi, ideato per scoprire scritti di donne straniere di seconda o anche terza generazione residenti in Italia, che vogliono approfondire il tema dell’identità e delle radici. Il racconto della Sebokova è delicato e a tratti ineffabile ma decisamente chiaro nel sottolineare la diversità dei sapori e il bisogno di conservarli e non ucciderli per potersi integrare. Il suo primo libro intitolato “Dal Diario di una piccola comunista”, che sarà presentato alla libreria Feltrinelli oggi, mercoledì 22, alle ore 18, è una sorta di delicato e a tratti anche duro, duro “Lessico Familiare” dell’Est. Alzbeta la protagonista, una ragazzina undicenne – siamo tra il 1986 e l’1987, prima quindi della separazione tra la Repubblica Ceca e la Slovacchia, avvenuta nel 1993 - racconta la vita della sua amata famiglia in minuziosi dettagli che coinvolgono il lettore sia sul piano emotivo che quello della conoscenza del tipo di vita che si faceva allora in un paese comunista. La protagonista avrà modo anche di raccontarci una sua disillusione sul ruolo del comunismo e del suo sistema di assurda e violenta burocrazia. “Per rimanere vivi nel Partito Comunista bisogna saper fingere e tacere”, suggerisce il padre alla piccola Alzbeta delusa dai burocrati. La protagonista non sarà affatto felice di questa costrizione, tanto che l’autrice, non a caso, nel distico introduttivo del libro riporta una frase dell’ex presidente e scrittore Vaclav Havel. “La verità e l’amore vinceranno sulla menzogna e sull’odio”. Verrebbero in mente a noi cittadini dei Paesi detti democratici tanti pensieri. Ma ormai è inutile fare tante domande sul comunismo. Michaela non si sente preparata, mette subito le mani avanti. Tutto sommato, possiamo darle ragione. E’ ora, forse, di voltare pagina. Allora liberata dall’assillo del comunismo aggiunge: “Posso solo dire che, da anni, ogni volta che mi chiedono di raccontare come è avvenuta la divisione tra Repubblica Ceca e Slovacca, dico che a noi cittadini un giorno hanno annunciato che la divisione era stata fatta, ecco tutto qui. Senza sentirci prima, senza chiederci nulla, senza referendum, come si usa in Europa”. E l’Italia cosa è stata per lei, un modo per sopravvivere, una via di fuga, un sogno o una realtà troppo dura? “Con la famiglia ero venuta a Bellaria nel 1990, avevo quindici anni e ricordo che guardavo con ammirazione infinita un negozio, quando mi caddero gli occhiali e si ruppero e mi misi a piangere. La padrona uscì e me li aggiustò con l’Attack. Vedere questa generosità mi legò all’Italia; non sarebbe mai accaduto nel mio Paese, mi avrebbero detto ecco qui, compra l’Attack, se vuoi”. Poi si lascia andare all’emozione: “La vostra lingua è un canto, una musica e il dialetto che non conoscevo affatto”. Michaela Sebokova dopo la sua breve vacanza, ritorna a casa, ma non dimentica e si mette a studiare italiano e poi decide di tornare in Italia. Inutile dire che trovò subito un lavoro di baby sitter; inutile raccontare la lunga fila di altri lavori e di amicizie maturate, di ottime relazioni e di altre relazioni meno onorevoli (almeno per noi italiani). Alla fine la piccola autodidatta impara benissimo l’italiano e fa l’interprete, prima nel suo Paese verso l’Italia, e poi in Italia verso il suo Paese. Inutile dire, perché ormai lo sappiamo, il suo stipendio le servirà a mantenere il padre che con la crisi del suo Paese aveva perduto il lavoro e con i soldi della madre infermiera la famigliola non campava. Tutto qui, ormai non c’è italiano che non sia a conoscenza di cosa significa ancora oggi sopravvivere in quei paesi. La loro anormalità – purtroppo - è diventata quasi normale per noi. “La mia prima paghetta di baby sitter, che era così piccola e insignificante per gli italiani, era più alta dello stipendio di mia mamma”, spiega. L’integrazione è un lungo cammino che matura e rafforza e talvolta ha un finale roseo. Una ricchezza per i Paesi che accolgono altri popoli e non un problema. Michaela Sebokova, che nel frattempo si è sposata con un toscano, vive e lavora sui Colli Euganei ma continua a scrivere. Sta curando la prima traduzione italiana di uno dei best seller dell’infanzia del suo paese, “Racconti sul cagnolino e la gattina” di Josef Capek, il noto scrittore ceco. Michaela ha scritto anche altri racconti, “Una ragazza dell’Est” (pubblicato nell’antologia del concorso Lingua Madre 2011), “L’eredità”, “Il mosto di Bacco”, insieme formano un lungo filo di Arianna di narrazione che ci permette di smetterla di pensare alle donne dell’Est secondo vari e orribili stereotipi di donne facili che resistono nella mentalità maschilista, tenuti in vita dall’ignoranza e da una certa paura dell’altro duri a morire, ma che bisogna estirpare al più presto. Nei racconti della Sebokova la diversità diventa una ricchezza e l’esortazione a riconsiderarla è diretta anche alle sue compaesane, soprattutto quelle deluse e stanche, alle quali col racconto “Il profumo della Domenica” dice di avere fiducia nella memoria e di proteggerla e conservarla amorevolmente. Nel suo sito www.cucinarescrivendo.com possiamo scoprire la cucina danubiana, un neologismo per indicare le ricette della cucina ungherese e slovacca, ovviamente legate anche a dei suoi racconti che sono pubblicati nel sito. Slow Food conosce bene il valore culturale del cibo e non a caso ha scelto di premiare questa scrittrice al suo esordio, per ricordarci che esistono anche i sapori dei migranti ed è tempo di conoscerli. Il delicato profumo letterario delle Madeleine di Marcel Proust potrebbe venire nei prossimi anni anche dall’Est ed essere evocato da ben altri e più solidi sapori.