LETTERE

di Roberta Durante, giornalista e scrittrice

È impossibile scrivere la recensione di un libro presentandolo e basta, rimanendo imparziali. O almeno io non ci riesco, e passare da scrittrice a “critica” di bassa e bassissima lega non è affatto semplice (se hai coscienza, s'intende). Quindi va così, da quando mi occupo anche di recensire e scrivere articoli su film, libri, spettacoli e tutto ciò che non viene da me, mi metto una mano – sulla coscienza , appunto – e penso “speriamo che mi piaccia” (il film, il libro) se no mi tocca chiudere il lavoro a metà (avrebbe senso parlare male di questa o quest'altra cosa? No, meglio che non si sappia e basta, ma meglio anche non mentire – in questo caso, almeno –). Peggio ancora quei casi dove bisogna scrivere di qualcosa che non s'è visto o non s'è letto. Ma qui entra in campo la vergogna. Insomma questo inutile preambolo per dire che, in verità, nulla di tutto questo è accaduto col tuo libro. Grazie a dio l'ho letto e grazie a dio m'è piaciuto. Nei giorni in cui lo leggevo in casa, il mio uomo preferito che mi girava intorno mi chiedeva “allora come va?” “bé, com'è?” quasi preoccupato. Io, in effetti, non ho mai risposto nulla, oppure rispondevo leggendo. In un momento gli ho detto “certo, fosse per me, se non c'era Paola Pastacaldi.. chi le sapeva certe cose?”. E questo è quello che più mi è piaciuto del libro: io non sapevo niente dell'Africa italiana e un libro (anzi, un romanzo) me lo ha detto. Nei dettagli, passando cioè per le pellicce dei giaguari. È stato come vedere un film, senza intervalli, su uno schermo gigante che non ti lascia il modo di girare nemmeno un poco la testa. Questo è quello che mi viene in mente pensando al tuo libro e non c'è stato modo migliore per imprimermi queste emozioni che far parlare te invece che parlarne io. Se avessi scritto qualcosa io e non ti avessi intervistata, avrei perso tutte queste – forse un po' inutili – parole.