Londra. Hornesey Road.
Il protagonista è un vecchio ciliegio in decomposizione, con danni fungini e sottoposto a capitozzatura. La totale rimozione della chioma a cui questo povero fusto è stato sottoposto non è solo un oltraggio estetico, ma soprattutto una seria e progressiva agonia mortis per la pianta stessa. E questa lacerazione, all’interno di un parco urbano, è il palcoscenico scelto da Banksy per la sua denuncia ecologista e la sua critica al greenwashing. Si, perchè Banksy costringe ad osservare e a pensare. E anche con il suo albero verniciato ci offre il privilegio di una riflessione. Questa opera è da leggere tutta in prospettiva. La parete 'imbrattata' di vernice verde in realtà è la tela ospitante la chioma dell'albero reciso poco distante.
.....un muro bianco un po' umido e decadente di un edificio residenziale di quattro piani a Hornesey Road. Metti una bella spruzzata di verde squillante che cola potente in rivi sanguigni, giù giù fino al suolo. Guarda un imponente e avvilito albero capitozzato che cupo e funereo si apre verso il cielo a ricevere quei cromatici fiotti nebulizzati per mano di uno spruzzatore a pressione, guidato da una ragazza. Il risultato? Una nuova sembianza. Una trasformazione. Tra accostamenti irreali e realismo dissimulato, un albero di vernice è il nuovo cortocircuito visivo di Banksy, apparso il 18 marzo alla periferia nord di Londra, nel quartiere Finsbury Park. E' l'artista stesso a confermarne la paternità sul suo profilo instagram ricevedo nel giro di poche ore oltre un milione di approvazioni social.
L’area della quercia, dove si è cercato di mettere mano o di tagliare il meno possibile, è un’area condotta in modo più naturale, e così è diventata il punto di partenza per consentire un aumento del numero di specie e lasciare che le specie stesse stabiliscano da sole rapporti naturali tra loro. Il risultato è che in pochi metri quadri, si trovano le stesse specie che si troverebbero solitamente in duecento e anche più metri quadri. L’agrobiodiversità non è un ecosistema. Mentre lasciando vivere le varie erbe e non tagliandole, si agevola un aumento di specie.
Quando un albero muore, nelle procedure di cura di un giardino pubblico (in questo caso il primo e più antico della città) è previsto il taglio immediato e la sostituzione con una pianta più giovane. Ma per la quercia di Montale il Comune di Milano ha accettato la proposta di adozione del tronco, proposta da Paola Pastacaldi, in nome della Biodiversità. Ciò che rimane della quercia rimarrà li dove era nata. Quest’anno si conclude il decennio del Piano Strategico per la Biodiversità 2011-2021. Ciò che rimane della quercia sarà recintato e protetto e il tronco e i rami rimasti saranno visibili ai visitatori. In una bacheca verranno via via esposte le notizie e gli esiti di alcuni studi che saranno condotti sulla pianta. In futuro una talea, cioè un clone, copia esatta della quercia, nata lo scorso anno da un suo ramo, sarà trapiantata dentro il recinto.
La quercia di Montale. Un canto per gli alberi in città, un libro prezioso dal punto di vista naturalistico, realizzato da Fiorina Edizioni, casa editrice di Pavia dedita alla realizzazione di artigianale di libri a Leporello (cioè a fisarmonica). Vi si racconta la storia dell’adozione di una quercia dei giardini pubblici di Milano, che per dimensioni e aspetto era la più vecchia della città. Questa antica quercia rossa è collassata ad ottobre dello scorso anno a causa della pioggia. Secondo una leggenda metropolitana il poeta Eugenio Montale, premio Nobel per la Letteratura nel 1975, aveva l’abitudine di sostare sotto la sua chioma, un fatto plausibile, dato che fu redattore del vicino Corriere della Sera dal 1948 al 1981. La Quercia è stata soprannominata quercia di Montale, nome con cui è conosciuta dai visitatori dei giardini.
Quando un albero muore, nelle procedure di cura di un giardino pubblico (in questo caso il primo e più antico della città) è previsto il taglio immediato e la sostituzione con una pianta più giovane. Ma per la quercia di Montale il Comune di Milano ha accettato la proposta di adozione del tronco, proposta da Paola Pastacaldi, in nome della Biodiversità. Ciò che rimane della quercia rimarrà li dove era nata.
Marina Piazza commenta la lettura diquesto libro. 'Vorrei cominciare a ragionare sul libro di Paola Pastacaldi con le parole di Jane Campbell, una donna che ha scritto il suo primo libro “Spazzolare il gatto” a 80 anni: “Invecchiare è spesso descritto come un accumulo di malattie, sofferenze, rughe ma in realtà è un processo di espropriazione, di diritti, di rispetto, di desiderio, di tutte quelle cose che una volta possedevi e di cui godevi con tanta naturalezza”
E ancora: “Può esserci anche una certa pace e lo strano è che spesso deriva non da ciò che si è posseduto, ma da ciò che si lascia andare”.
Anche Paola Pastacaldi nel suo libro racconta della doppia espropriazione: del diritto di sua madre di morire e del suo diritto come figlia ad accompagnarla in questo percorso. E’ un diario che Paola scrive per condividere con se stessa il panico di fronte alla morte annunciata, ma senza scadenze di sua madre, è a se stessa che parla. Perché scrivere è un modo per rendere visibile quello che succede, prima di tutto a noi stesse. E per vivere questo dramma servono le parole giuste'.
'E’ una grande opportunità poter assistere allo svolgersi di questa eterna fine, che a tutti appartiene, senza accelerarne i tempi, senza abbatterla, quella vecchia quercia. Per poterne cogliere l’ultima, umilissima lezione su come si muore'.
'Posando lo sguardo su di essa e attendendo con pazienza si può notare un brulicare di vita sottile, minuscolo, fin dentro l’erosione del tempo, fin dentro le ferite aperte. E poi, le minuscole afidi sulle foglie, le coccinelle sui germogli, e la melata zuccherina, e le larve di coleotteri; persino uno Scarabeo Rinoceronte e un coleottero delle querce, raro e bellissimo, il Cerambix Cerdo, con le sue lunghissime antenne. Ostinati funghi di varie dimensioni, la abitano. Intorno ad essa lievi farfalle e umili formichine in piena attività, e lucertole saettanti, pronte a nascondersi nell’accogliente tronco. Sui rami, baldanzosa e dondolante, una cinciallegra pettegola e gialla. A terra, in un anfratto del tronco eroso, un piccolissimo e tenero pipistrello sembra addormentato. Guardiamo meglio: è rannicchiato per sempre. E’ questa, dunque, la biodiversità, mi sono detta: non era finita la sua vita'.
In un luogo come il recinto della quercia di Montale, che vede compiersi il lento processo di decomposizione di un grande albero, la naturalità di ciò che contorna i resti legnosi è in linea con la finalità di proteggere e far progredire la biodiversità. Come per il tronco che sta trasformando la biomassa in terreno fertile, per la vegetazione erbacea vale ancora di più la regola che l’estetica non fa quasi mai rima con biodiversità, perché la biodiversità è per sua natura complessa e caotica.
Non ha nessun senso un giudizio estetico o di critica prettamente umana. Conta, invece, solo la capacità della Natura di giungere alla formazione di un ecosistema più ricco e vasto possibile.
Andrea Pellegrini è una guida ambientale, autore di varie e importanti pubblicazioni e impegnato in numerose iniziative di educazione ambientale. L'ho conosciuto durante le belle passeggiate organizzate da La Grande Via nel Casentino, in provincia di Arezzo, nella sede chiamata la Mausolea, una affascinante dimora antica dei Camaldolesi, per comprendere il ruolo della Natura nel mantenimento della nostra salute. Con la sua guida abbiamo conosciuto i cammini di Francesco, i boschi piu antichi del Casentino e persino potuto dormire in foresta. E cosi ammirando la sua preparazione e umiltà gli ho chiesto un intervento sul valore di un albero vecchio o di un tronco di legno in un parco in città, pensando alla quercia di Montale, il cui tronco è rimasto nei Giardini Montanelli a testimoniare la Biodiversità. Non a tutti è chiaro quanto sia importante. A tal proposito Andrea mi disse lo scorso anno: 'Quel tronco, e l'area intorno, è forse tra le piu ricche di Biodiversità di Milano'. Un concetto non chiaro a tutti l'utilità di questo umile legno, solo apparentemente morto, che alcuni confondono con disordine. Con poche incisive parole molto chiare Andrea spiega la straordinaria vita creata dalla Biodiversità dal legno di un tronco morto, la generosità dell'albero una volta che è caduto.
Pubblichiamo un prezioso intervento di Francesco Maccazzola, che ha curato la quercia di Montale sino alla sua fine naturale e biologica.
'Penso alla Quercia di Montale, collassata un giorno di pioggia milanese, e penso alla vita. Penso a come il suo tronco non sia morto ma a come esso sia un altare, un ricettacolo, un esempio palpabile di biodiversità, di vita e quindi di storie.
Penso alla Quercia di Montale in un Parco di Milano e al suo legno che sa di fungo. Il suo legno bisbiglia i suoni di una natura alacre, sempre in divenire. E adesso racconta, a chi ha voglia di sentire, una, cento storie con tutto il loro infinito divenire, con tutto il loro carico sapienziale che rende possibile il mio e il nostro esserci.'