LA VECCHIAIA E IL GIORNALISMO
“The House He Built” ('La storia di una casa e di mio padre')
“The House He Built” ('La storia di una casa e di mio padre') della regista Caterina Borelli è un documentario sulla vita e la carriera di suo padre Sergio, un giornalista di 94 anni, vero pioniere della tv e viaggiatore instancabile, corrispondete da Mosca per 'Il Giorno'. Ha smesso di girare solo verso gli 87 anni. Il film è ambientato nella sua casa romana di cinque piani, da lui rimaneggiata ampiamente e con grande orgoglio creativo, ed è una casa che riassume in modo esemplare la sua vita ricchissima di storia, dunque stipata all’inverosimile di oggetti e ricordi di grandi avvenimenti internazionali, molti da libro di storia. Il documentario è iniziato nel 2012 ed è oggi alle battute finali, ancora tre mesi di lavoro. Mancano solo un po’ di fondi, 16 mila dollari per l’esattezza. Caterina Borelli e Aline Hervé, montatrice dei migliori documentari usciti in Italia negli ultimi anni, stanno per iniziare il montaggio. Ma il team è composto anche da due nipoti, Nora Guicheney (Assistente alla Regia) e Malva Guicheney (sceneggiatrice).
Grazie a Kickstarter, una piattaforma americana nata come finanziamento dal basso, la più sicura e meglio certificata nel web - tra i grandi progetti, solo per citarne alcuni, annovera la Royal Academy of Arts, ma anche l’attore Spike Lee, l’artista Ai Weiwei, - è partita la raccolta dei fondi (dai 5 alle migliaia di dollari), abbinata regali del tutto particolari. Oltre al film da scaricare, alla gigantografia di Sergio, alla foto di ciò che vede Sergio dalla finestra, svariati week-end o anche una settimana a seconda dell’entità della donazione in una casa di Trastevere, anche in coppia oppure in un hotel di charme, La Locanda del Gallo, in Umbria, si aggiungono numerosi regali turistici a Roma e dintorni e anche omaggi di artisti amici, pieni di spirito. Tra questi una calamita dell’artista Muntadas “Tale padre tale figlia”, un disegno ad acquerello di Roberta Iachini fatto su misura su una idea a richiesta, il barattolo di thé pieno di poesie, pezzo unico del poeta scozzese Peter McCarey, un disegno ad edizione limitata di Valeria Petrone, ma anche una copia firmata di Valerio Magrelli. E con duemila dollari si diventa coproduttori (https://www.kickstarter.com/projects/492148252/the-house-he-built). 'Ho sviluppato l’idea del documentario grazie a una Fellowship della Rockefeller Foundation - spiega Caterina Borelli, che ha lavorato per anni negli Usa e ultimamente per Otto e Mezzo -. Il rapporto che si crea tra le persone e l'architettura è il filo conduttore di tutto il mio lavoro ed è uno degli obiettivi di questo documentario. I miei film sono stati presentati al Museo d’Arte Moderna di New York, alle Nazioni Unite e fanno parte della collezione della Biblioteca Nazionale Britannica, e sono inoltre utilizzati come materiale didattico. Ho filmato per ore e ore Sergio mentre, girando per la sua casa labirintica, mi raccontava frammenti di un’unica storia del ventesimo secolo. Dal secondo dopoguerra ad oggi, il tutto visto attraverso il suo sguardo di intellettuale che ha sempre osservato con occhio critico quello che lo circondava”.
Nel film, eventi storici e attuali, la vita della famiglia e la routine quotidiana dell’anziano signore si mescolano in un flusso che trasforma la casa in uno spazio magico. Uno sguardo al sito di Kichstarter, prima delle informazioni perdove scorrono le immagini familiari di Sergio, sempre con un pizzico di ironia, lui con vistosi occhialoni neri anni Sessanta, mentre sorride barbuto con una espressione di chi sa di scherzare, alternate a foto d’epoca, diciamo storiche, Sergio giovane dallo sguardo deciso che viaggia da Milano, a Praga a Mosca negli anni Sessanta, poi con i combattenti in Libano. Sergio che ha intervistato Krusciov, Castro, Nehru, Senghor, e tanti altri. E poi ancora la casa, i suoi oggetti, il suo accumulo, la sua immagine di grande cassetto zeppo di tutto, ma nulla è ovvio o banale. Siamo sul filo del film Sign High di Buster Keaton, o di “Mon Oncle” di Jacques Tati o “Toute la Mémoire du Monde” di Alain Resnais. Riguardate, recuperate questi due film per capire cosa significa la casa, lo spazio. Infine leggete di Valerio Magrelli il meraviglioso libro “Geologia di un padre”, anche qui un padre. Siamo sul tema appunto degli oggetti nelle case, della loro memoria, “il ricordo”, il loro significato profondo, nel tempo dell’accumulo infinito e della memoria e della sua contemporanea perdita. Ma senza drammi, per carità, ce lo insegna Sergio Borelli quando dice: “Non ricordo perché ho questi oggetti, ma so che sono io”. Frase memorabile come molte altre. “A tutti i vechi da fastidio essere trattati da vecchi, poi si rassegnano ad unc certo livello però ambirebbero a stare ad un altro livello”.
Parliamo di come le case ci accolgono o ci cambiano. Non a caso Sergio Borelli dice che la sua soddisfazione maggiore non è stata una intervista ad un presidente ma avere fatto la sua casa. E’ chiaro che siamo esattamente dentro il tema dell’essere anziani. Il cuore. La casa, il punto focale per tutti gli anziani, bella o brutta, piccola o grande, ricca o povera, una grotta o una villa che sia.
E’ giusto spostare gli anziani in una casa più piccola, è giusto metterli nelle belle case di riposo, appena costruite? Il documentario non ne parla assolutamente – ci mancherebbe – ma in fondo ispira grandi, sottesi e non detti suggerimenti a tal proposito. Il documentario come uno strumento di discussione. I temi che vuole affrontare sono in realtà due e sono intrecciati solidamente nella figura simbolo di Sergio Borelli, la vecchiaia, come avrete capito, e il giornalismo (come lasciarlo in disparte?). “The House He Built” non è solo un documentario su Sergio Borelli, noto inviato, ma in realtà Sergio Borelli è lo specchio, l’ attore utilizzato per fare un buon un documentario su quello che saremo in futuro, anziani pure noi. Come potremmo essere trattati e, dunque, vivere lo scorcio di fine vita? Da vecchia spazzatura, da malati da lustrare o curare allo spasimo - sondino compreso - o da testimoni di una vita dignitosa, da non subire. All’ombra de già fatto, i ricordi appunto. E ribaltare la visuale. Non è che la vecchiaia sia solo l’inizio della fine quanto l’evoluzione di un periodo della vita.
Il giornalismo emerge più facilmente con tutto il suo enorme bagaglio tecnologico e non solo visto, che il protagonista ha iniziato il mestiere quasi 70 anni fa, quando viaggiare aveva un tempo molto più lungo di oggi e quando gli archivi digitali non c’erano e bisognava documentarsi e cercare i libri giusti da soli, per prepararsi nemmeno quelli cartacei erano così ricchi e importanti.
Sul tema anziani l’idea che il documentario suggerisce con estremo garbo, ed è sottesa a tutte le immagini che raccontano l’oggi e il passato di Sergio Borelli e della sua famiglia, è di costruire una diversa relazione con il “l’anziano” di casa. Perché dentro il corpo vecchio si nasconde una storia fondamentale per il nostro futuro, capire e valorizzare un anziano, chiunque esso sia, valorizza ciò che rimane della nostra vita. A che vecchiaia ci prepariamo? Che vecchiaia ci preparano i nostri familiari?
Di fatto stare nella casa di Sergio è come stare nella sua testa. – spiega Caterina Borelli -. Tutto lo riflette ed è parte della sua memoria. Nel corso dei decenni ha trasformato tre appartamenti in un’unica casa, lavorando da neofita con sega e martello e modellando lo spazio a seconda delle sue esigenze. Nella casa, la personalità di Sergio si è andata fondendo con lo spazio fino a diventare la sua autobiografia tridimensionale. Ed ora è un nido in cui può invecchiare in modo indipendente, con dignità, circondato dalla sua famiglia e immerso nei ricordi”. Ecco Sergio giovane grintoso, sicuro di se, in mezzo ai guerriglieri, poco dopo Sergio oggi curvo sulla Lettera 22, cambiato come solo la vecchiaia sa fare. Un corpo diverso, piegato dal tempo, segnato e affaticato ma la mente, la sagacia, gli occhi sono forse quelli di sempre. E bisogna saperli vedere e lasciare che guardino.
A volte far rivivere un anziano dipende solo da noi, diversamente anziani. Nella loro storia riviviamo e possiamo meglio comprendere il passato e parte del presente. Se li abbandoniamo, perdiamo una occasione unica per capire chi siamo.
La società italiana ha un bisogno urgente di far fronte in modo più sapiente al suo lungo invecchiamento. Se la medicina fatica ad elaborare questo punto, presa dal suo impegno salvifico, lo possono meglio fare l’arte, la letteratura oppure, nella società delle immagini, un buon documentario senza pudore, senza veli.
Un documentario poetico, quasi surreale, privo di predicozzi, ma anche capace di essere molto molto reale. Tutti gli anziani sono davvero speciali. Sergio Borelli è stato un giornalista importante, ma oggi è un anziano in tutto e per tutto, un anziano da ascoltare sino alla fine, per ciò che è, per ciò che pensa, per ciò che ancora è capace di sentire e di raccontare. Chi è passato attraverso la cura di un anziano capisce la faccenda al volo. Chi non ha mai assistito un anziano forse cercherà di anticipare questa riflessione per non trovarsi impreparato.
Se tutti i cinquanta, sessantenni capissero il valore degli anziani, che li circondano, avremmo una società enormemente cambiata. Cambierebbe il nostro rapporto con la medicalizzazione e la sua esasperata voglia di ridonare una salute che da vecchi non si riavrà più, cambieremmo la società stessa e la cura che ne abbiamo, cambieremmo infine le nostre storie a vantaggio di una maggiore consapevolezza del momento più saliente della vita, il morire.
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27.5.2016 . “The House he built” ('La storia di una casa e di mio padre') documentario di Caterina Borelli (è in coda). Un documentario straordinario sulla memoria e il valore degli anziani, protagonista un grande giornalista (ex Giorno), Sergio Borelli, classe 1923. Firmato dalla figlia regista, Caterina Borelli, e da due nipoti. Il patriarca ha da poco compiuto 93 anni. Gli si possono fare gli auguri su Facebook. (Sergio è nipote di Aldo Borelli, direttore del Corriere della Sera dal 1928 al 1943). - di Paola Pastacaldi. - TESTO IN http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=20876