La voce degli alberi

di Silvestro Acampora, socio fondatore della Società Italiana di Arboricoltura

La memoria atavica delle origini ancestrali ha portato l’uomo a piantare alberi nelle città da tempi remoti. Le città spesso ospitano un considerevole patrimonio arboreo, con esemplari davvero maestosi che hanno delle storie da raccontare. Ma i cittadini milanesi, al pari di molti abitanti delle grandi città italiane, non sempre sono in grado di capire e apprezzare il reale valore degli alberi. Accade spesso che le piante di Vie, Parchi e Giardini siano considerati semplici e muti componenti di arredo e non degli esseri viventi quali essi sono. Un albero non si muove e non parla ed è, perciò, costretto a subire tutti i cambiamenti che avvengono in prossimità delle sue radici, del suo tronco e della sua chioma. Per tanti cittadini gli alberi sono solo un ostacolo, per esempio al parcheggio delle automobili. Si pensa, comunemente, che le radici danneggino i marciapiedi e persino le tombe dei cimiteri. Le foglie, dal canto loro, quando cadono sporcano le strade e le auto e ostruiscono le grondaie dei tetti. Le chiome impediscono la ricezione di programmi televisive e le fioriture sono causa di allergie respiratorie, oltre ad ospitare insetti fastidiosi e invadenti. Non si considera che, mentre la città si evolve continuamente e con essa le sue infrastrutture e le reti tecnologiche, gli alberi subiscono una riduzione dello spazio vitale e un dannoso accumulo di sostanze inquinanti nel terreno che le nutre. Gli alberi cercano di adattarsi ai mutamenti: alle volte smettono di fiorire, altre perdono le foglie già in estate, altre semplicemente muoiono, altre ancora senza motivi apparenti cadono, mostrando le loro radici mutilate e malate. Persino molti fra i cittadini che affermano di amare gli alberi, spessissimo considerano gli alberi soltanto come arredi e fanno pressione presso la pubblica amministrazione perché si pianti questa o quella varietà, a seconda dei loro gusti personali e delle mode. Gli amministratori, dal canto loro, considerano gli alberi un modo per ottenere l’approvazione dei cittadini e quindi il loro consenso elettorale, affidano progetti faraonici a famosi professionisti e promettono di piantare migliaia, addirittura milioni di alberi, affermano e dichiarano a stampa e televisioni che con il loro mandato hanno reso la città più verde e ricorrono a paragoni del tipo “I cittadini Romani hanno a disposizione più verde dei Parigini” presentando grafici con evidenziata la quantità di verde a disposizione per ogni abitante, senza parlare di qualità e senza indicare il numero di abitanti della città di riferimento. Si vantano delle migliaia di alberi piantati, senza specificarne le dimensioni, alle volte davvero molto piccole. Quasi mai o pochissimo investono nella manutenzione, destinando spesso le nuove piante a una lenta e inesorabile moria. Possiamo concludere che le città non sono un bel posto per gli alberi. Nonostante ciò alcuni, merito dell’ aspetto imponente e/o del fatto che rappresentano un riferimento di socializzazione per gli abitanti, diventano dei simboli identificativi per interi quartieri, come è accaduto al platano del quartiere Affori a Milano. Questa pianta è un riferimento spaziotemporale per gli abitanti del quartiere, specie quelli di una certa età e addirittura dà il nome ad un ristorante della via. In città non è importante solo il numero degli alberi, lo è ancor di più la cura e la manutenzione, che gli viene dedicata e che purtroppo spesso è eseguita in maniera approssimativa e poco professionale. Educare gli abitanti delle città al rispetto per gli alberi, farli conoscere, raccontare le loro storie, rendere consapevole la cittadinanza che gli alberi sono esseri viventi, che non possono essere trattati semplicemente come componenti di arredo. I cittadini dovrebbero essere in grado di controllare gli amministratori pubblici e nel caso chiedere conto del loro operato. I cittadini hanno scordato il linguaggio degli alberi e mi viene da osservare che gli alberi, semplicemente, avrebbero bisogno di qualcuno che presti loro la voce.



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